Tra le spese deducibili fiscalmente una delle più dibattute è quella relativa ai buoni pasto. Chiariamo intanto cosa sono le spese deducibili: queste sono quelle spese che possono essere detratte dal reddito complessivo come contributi previdenziali e assistenziali, premi per fondi pensione, spese mediche e anche le spese per i buoni pasto.
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Buoni pasto: cosa sono e si possono dedurre fiscalmente?
I buoni pasto, chiamati anche ticket restaurant, sono importi che vengono riconosciuti al lavoratore dipendente per il servizio sostitutivo alla mensa. Non esiste un regolamento specifico riguardo all’emissione dei buoni pasto: è l’azienda stessa che decide di offrirli al lavoratore con qualsiasi tipologia di contratto, sia esso subordinato, a tempo parziale o tempo pieno, e anche se l’orario lavorativo non include la pausa pranzo.
Spesso possono essere utilizzati presso esercizi convenzionati che provvedono ad erogare il pasto al lavoratore dipendente il quale, in assenza di mensa interna all’azienda, sarebbe costretto a sostenere il costo del pranzo durante la pausa lavorativa di mezza giornata in modo totalmente autonomo.
Questa tipologia di buono, fino al 2020, è sempre stata considerata fiscalmente deducibile.
In particolare i buoni erano interamente deducibili con IVA al 4% detraibile, sono inoltre esenti da contributi fiscali fino ad un massimo di 4,00 euro per persona e calcolato al giorno.
A partire dal 1 gennaio 2020, con l’introduzione della nuova Legge di Bilancio del 2020 si sono aggiunte nuove regole applicabili a tutti i buoni pasto emessi successivamente alla data di ingresso della nuova Legge.
La nuova Legge di Bilancio sui buoni pasto
I buoni pasto in formato elettronico non vengono considerati come reddito aggiuntivo per il lavoratore dipendente e possono essere dedotti fino ad un massimo di 8 euro, mentre i buoni pasto cartacei, sono deducibili solamente fino a 4 euro. Solamente nel caso in cui nei pressi della sede aziendale non ci siano servizi di ristorazione l’importo massimo deducibile è di 5,29 euro.
Viene da sé che l’obiettivo del Governo che con la nuova Legge di Bilancio favorisce in qualche modo il formato elettronico dei buoni, è quello di monitorare con più facilità l’emissione e l’utilizzo dei suddetti buoni. In particolare, con questa tipologia, operazioni come il conteggio, il ritiro dei buoni pasto, la conservazione ai fini fiscali, il controllo presso gli Apparati Pubblici, così come l’emissione dei buoni stessi, il periodo di utilizzo e la gestione generale delle detrazioni, saranno più semplici e controllate.
Per quanto riguarda il pagamento dell’IRPEF, l’attuale Legge di Bilancio stabilisce che i buoni pasto sono esenti da oneri fiscali per il lavoratore dipendente fino agli importi massimi stabiliti dalla Legge stessa, anche relativi alla tipologia di buono pasto.
Buoni pasto: regole per l’utilizzo
Rimangono invariate invece le regole per l’utilizzo dei buoni pasto che riepiloghiamo qui di seguito:
- i buoni non sono cedibili a terzi
- non sono cumulabili oltre le 8 unità
- non sono vendibili
- non si possono acquistare
- non è possibile convertirli in denaro
- sono utilizzabili esclusivamente solo dal Titolare al quale sono stati corrisposti (e firmati dallo stesso, per verifica)
Buoni pasto e lavoratori autonomi
Anche i lavoratori autonomi hanno diritto ad utilizzare i buoni pasto. Questo è un ottimo modo per permettere a questa categoria di lavoratori, anche senza dipendenti, di scaricare le spese sostenute per i pasti di rappresentanza come incontri di lavoro e simili.
Un lavoratore autonomo può quindi semplicemente acquistare i buoni pasto direttamente dall’azienda che li eroga, preoccupandosi di conservare semplicemente questa ricevuta. Non sarà quindi più necessario richiedere la fattura al ristorante per poi conservarla. Un altro aspetto interessante a livello fiscale per le aziende, è la possibilità di dedurre il costo del buono pasto per il 75% delle spese fino ad un massimo del 2% del proprio fatturato, oltre a poter detrarre l’Iva al 4%.